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Frasi che contengono la parola ferrante

Discorsi delle famiglie estinte, forastiere o non comprese ne' seggi di Napoli imparentate colla casa della Marra. Composti dal signor Ferrante della Marra duca della Guardia, dati in luce da Camillo Tutini

. Ancora, il narratore Manzoni giudica con acrimonia i vizi del Seicento, la sua corruzione, il suo modo di intendere cultura e tutta l'ortoprassi degli uomini di quell'epoca: l'ironia addotta verso la cultura di Don Ferrante

Rimaneva da conquistare l'isola d'Ischia, ultimo baluardo angioino, che era difesa dai fratelli Carlo e Giovanni Toreglia; questi con otto galee infestavano il golfo di Napoli al punto tale che re Ferrante chiese l'intervento di suo zio

), Domenico e Stefano Ganci, Cristofaro Cannella e lo stesso collaboratore Ferrante (accusati di avere provato il funzionamento del telecomando e dei congegni elettrici che servirono per l'esplosione e di avere segnalato telefonicamente gli spostamenti del giudice Borsellino e della scorta poco prima della strage).

(ma assolti dal reato di strage) mentre venne confermata la pena per Agate, Buscemi, Spera e Lucchese; invece i collaboratori di giustizia Salvatore Cancemi, Giovanni Brusca e Giovan Battista Ferrante ricevettero pene tra i diciotto e i sedici anni.

, che lo ricevette con molte cerimonie pubbliche. Successivamente, Ferrante gli concesse un incontro privato in cui il giovane Medici ebbe modo di portare al sovrano i saluti del padre e di descrivergli alcune delle problematiche interne e familiari

. Ferrante e Biondo (che erano appostati in auto nei pressi dell'aeroporto) videro uscire il corteo delle blindate dall'aeroporto e avvertirono a loro volta La Barbera che il giudice Falcone era effettivamente arrivato

; i collaboratori Santino Di Matteo, Gioacchino La Barbera, Giovanni Brusca, Salvatore Cancemi, Giovan Battista Ferrante, Antonino Galliano e Calogero Ganci vennero invece condannati a pene tra i quindici e i ventuno anni di carcere

, affidata allo stile classicista dell'ingegnere Ferrante. In quest'ultima occasione, venne rinvenuto l'affresco tuttora visibile, appartenente ad un precedente tentativo di realizzazione di una facciata risalente al XV secolo

. Il Guevara aveva manifestato ai suoi interlocutori le proprie preoccupazioni: il re Ferrante perseguiva una politica antibaronale assai insidiosa e sarebbe stato sciocco subire passivamente l'iniziativa del re. A nessuno di loro sfuggiva che il ruolo dei baroni era messo in discussione, che il loro potere era diminuito, e che ridotte ormai apparivano anche le loro prerogative ed i loro privilegi. Il Guevara, racconta il Porzio, considerava addirittura una sciocchezza fuori misura non tentare nemmeno di opporsi alla prospettiva della ventilata successione al trono del

L'antica chiesa romanica fu poi inglobata nella basilica di San Domenico Maggiore, costituendone appunto la seconda cappella sulla parete frontale del transetto destro, il cui accesso fu consentito dalla scalinata voluta da Ferrante d'Aragona che parte direttamente da

L'avversione di Ferrante Sanseverino all'introduzione dell'inquisizione spagnola a Napoli non fu dovuta a motivi religiosi, quanto a ragioni prettamente politiche. Infatti l'inquisizione spagnola, legata strettamente al potere politico, era uno strumento efficacissimo per eliminare - con una semplice accusa - qualsiasi oppositore politico o nemico personale. Un grave pericolo, dunque, per chi - come i Sanseverino - avevano non poco potere ed innumerevoli feudi.

Inoltre Antonio Madonia, Calogero e Stefano Ganci, Vincenzo Galatolo, Giovanni Brusca, Giovan Battista Ferrante e Francesco Paolo Anzelmo furono accusati di essere gli esecutori materiali della strage, avendo preso parte alla costruzione, al piazzamento e all'innescamento dell'ordigno.

, genero di Francesco Sforza. Ferrante d'Aragona infatti l'aveva precedentemente attirato a Napoli con la falsa promessa di una condotta e poi per vendetta fatto incarcerare, in quanto il condottiero aveva combattuto contro di lui durante la

Volendo il Papa acquetare le discordie tra i potentati d'Italia, scrisse ai Veneziani, di dover restituire tutto quello che avevano occupato al duca di Ferrara, ma essi negarono di farlo e nonostante il Papa li avesse abbandonati, perseguirono la guerra ostinatamente, e per sbigottire maggiormente Re Ferrante, chiamarono in Italia il

proclamava di essere il legittimo successore del regno, mentre re Alfonso non poteva lasciarlo a Ferrante in quanto figlio illegittimo, ma il popolo napoletano e molti baroni, ricordandosi del giuramento e delle promesse fatte ad Alfonso per suo figlio, il quale era stato non solo legittimato dal padre, ma dichiarato legittimo successore del regno anche dalla

L'esercito angioino schierato sulla riva destra del torrente fronteggia re Ferrante e le sue truppe, mentre sullo sfondo si vedono gli aragonesi che attraversano un ponte all'inseguimento degli angioini, ormai in rotta verso Troia.

Proprio come l'avo Ferrante, Beatrice amava molto gli animali e il marito gliene faceva spesso dono: fra i tanti si contano numerosi cavalli, cani, gatti, volpi, lupi, una scimmia e perfino sorcetti; inoltre presso il parco del castello di Milano era presente un serraglio con numerose specie di animali esotici.

Essendo stata cresciuta dal nonno Ferrante, spagnolo di nascita, Beatrice da bambina era abituata a esprimersi in un miscuglio di catalano, castigliano e italiano, abitudine che sembra non abbia conservato da adulta.

Re Ferrante era di media statura, aveva una grande testa, una bella e lunga zazzera di color castano, era bruno di faccia, aveva una bella fronte e la vita proporzionata. Fu assai robusto e si disse che fosse dotato addirittura d'una forza sovrumana, a tal punto che un giorno - come si racconta - recatosi alla

. Sempre nel parlamento, Alfonso, preoccupato per la successione, promosse una petizione, in cui i baroni, sapendo di fare un gran piacere al re, proposero di stabilire Don Ferrante suo futuro successore, col titolo di

Dagli elenchi pubblicati da Vito La Mantia si tratta di (riportiamo in scripta moderna i nomi): Pietro Montemagno, Giovannello Ferrante, Giovannello Ferranti, Giacomo Ferranti, Diana Nicito, Giovanni Nicito, Guglielmo Manuele, Perna Parisi, Giovanni Parisi detto

, promettendogli che, dopo la conquista del regno di Napoli, gli avrebbe offerto buona parte di quello, ma i veneziani non accettarono l'offerta e cercarono comunque neutralmente di supportare sia il papa sia Ferrante, opportunamente per i propri interessi. Intanto il

Ferrante d'Aragona emise un diploma mediante il quale si autorizzava Giulio Antonio Acquaviva a riedificare San Flaviano sul luogo che egli stesso aveva prescelto. Il nuovo nucleo prese da lui il nome di




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Ultimo aggiornamento pagina:

22 Dicembre 2021

18:22:15