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Frasi che contengono la parola belisario

Sempre Zaccaria Scolastico, nello stesso capitolo, scrive che Belisario era un generale incorruttibile e non permetteva al suo esercito di commettere violenze ai danni dei contadini; inoltre, ci informa che all'epoca Belisario aveva al suo seguito Salomone, un eunuco proveniente dalla fortezza di Edribath, da cui veniva consigliato.

all'insistenza dei soldati a combattere una battaglia non necessaria, versione confermata da Ermogene che intervenne in sua difesa; alla fine Belisario fu prosciolto dalle accuse, ma fu comunque rimosso dal comando dell'esercito d'Oriente e richiamato a Costantinopoli.

Il piano era ingegnoso ma la mancanza di coordinazione tra le tre armate vandale e il fatto che Belisario avesse mandato in avanguardia alcuni contingenti per ridurre il rischio di imboscate lo fecero fallire. Le armate vandaliche di Ammata e Gibamundo, poco consistenti, si imbatterono infatti in due reggimenti bizantini mandati in avanguardia e furono da essi messi in fuga.

Anche nella battaglia di Ticameron Belisario commise l'errore di non tenere unite le truppe a propria disposizione, lasciando indietro la fanteria, che disprezzava, e combattendo unicamente con la cavalleria.

Tuttavia i successi di Belisario suscitarono l'invidia dei sottufficiali, che diffusero la voce, giunta anche alla corte di Giustiniano, che il condottiero aspirasse al trono d'Africa; Giustiniano, nell'ordinargli di spedire a Costantinopoli i proventi della conquista e i prigionieri di guerra, tra cui spiccava il re vandalo Gelimero, lo pose di fronte a una scelta: o ritornare immediatamente a Costantinopoli o rimanere in Africa.

, mentre invece il secondo privilegiava la guerra di movimento, basata sull'aggiramento delle fortezze secondarie per colpire subito gli obiettivi principali della campagna, esponendo tuttavia l'esercito bizantino a un rischio maggiore rispetto alla tattica prudente di Belisario.

A discolpa di Belisario, andrebbe fatto notare che il generale bizantino era ignaro della dislocazione delle truppe persiane e che era inoltre contraria al suo credo tattico la mossa di avanzare impudentemente in territorio nemico senza aver sottomesso tutte le fortezze nemiche una a una, in modo da non lasciarsi eserciti ostili alle spalle; considerato inoltre che Belisario aveva espugnato la fortezza di Sisauranon solo a stento, una ipotetica avanzata verso Ctesifonte, munita certamente di forte presidio, molto difficilmente si sarebbe conclusa con la sua espugnazione, e avrebbe inoltre esposto l'esercito bizantino al serio rischio di essere intercettato sulla via del ritorno dal grosso dell'esercito persiano condotto da Cosroe in persona e di subire una grave sconfitta.

Procopio di Cesarea sostiene che Belisario, non ricevendo denaro dall'erario imperiale, fu costretto a reperire il denaro necessario per condurre la guerra depredando gli Italici sotto il suo dominio, portando a un ulteriore peggioramento della situazione.

di Procopio, il rifiuto di Giovanni di raggiungere Belisario a Roma sarebbe dovuto ai suoi timori di essere ucciso da Antonina, dato che Teodora gli era ostile e avrebbe potuto chiedere alla moglie di Belisario di ucciderlo.

Non a caso il re goto, ogni volta che espugnava un centro fortificato, ne abbatteva le mura per costringere il nemico alla battaglia in campo aperto e impedirgli, in caso di riconquista del centro, di usare le mura come scudo per logorare l'esercito avversario, come aveva fatto Belisario nel corso della prima campagna.

Belisario, infine, diede l'ordine ad alcuni suoi uomini di provocare dei rumori assordanti con travi di legno e di gridare, in modo da dare al nemico l'impressione che l'esercito bizantino fosse immenso e che stessero per essere circondati; le nuvole di polvere, inoltre, nascondevano la situazione reale, e i barbari si diedero alla fuga, riattraversando di nuovo il Danubio.

. Questo libro, scritto dal punto di vista dell'eunuco Eugenio (servo della moglie del generale) ma basato sulle opere di Procopio, ritrae Belisario come un solitario uomo d'onore in un mondo corrotto

Belisario era in disaccordo con Giustiniano sul che fare dei territori riconquistati: Giustiniano avrebbe voluto lasciare che gli Ostrogoti governassero uno Stato a nord del Po, mentre Belisario avrebbe preferito fare dell'intera Italia un territorio imperiale romano-bizantino.

Belisario si diresse verso Napoli, non trovando quasi alcuna opposizione durante il suo tragitto: gli abitanti della Calabria, scontenti del malgoverno goto, si arresero facilmente ai Bizantini, adducendo come pretesto il cattivo stato delle mura.

Quando Belisario fu informato dell'invasione dei Franchi, scrisse una lettera a re Teodeberto, accusandolo di aver violato i trattati precedenti e intimandogli di ritirarsi dall'Italia. Nel frattempo, tuttavia, i Franchi furono colpiti da un'epidemia di

, mentre Belisario, tornato a Costantinopoli, fu accolto freddamente da Giustiniano che non volle decretargli il trionfo (come, invece, era avvenuto in occasione del ritorno vittorioso dalla guerra vandalica) e non permise che il tesoro di

I messi goti accettarono quindi la resa a condizione che Belisario non avrebbe per niente molestato i Goti e sarebbe diventato signore degli Italici e dei Goti. Dopo aver ottenuto il giuramento da Belisario, gli oratori lo esortarono ad entrare a Ravenna.

Belisario, arrivato Areta con i suoi Arabi, decise quindi di invadere la Persia, ma ad essa si opposero i duci della Fenicia Libanense, Recitanco e Teoctisto, timorosi che se avessero lasciato sguarnite di truppe la loro provincia Alamundaro ne avrebbe approfittato per saccheggiarla e Giustiniano se la sarebbe presa con loro. Belisario tuttavia fece loro notare che in quel momento in Arabia era in corso la tregua sacra, durante la quale gli Arabi non potevano fare guerre, quindi non dovevano temere un attacco di Alamundaro.

Malgrado la loro reputazione, i Vandali erano diventati man mano meno bellicosi, giungendo a condurre una vita lussuosa tra le ricchezze dell'Africa. Inoltre, il loro stile di combattimento era poco adatto per confrontarsi con i veterani di Belisario: l'esercito vandalico era composto esclusivamente di cavalieri, con armatura alla leggera e armati esclusamente per il combattimento corpo a corpo al punto da trascurare interamente l'uso di archi o giavellotti, in netto contrasto ai

, probabilmente per prevenire il suo uso da parte bizantina in quanto questi ultimi potevano lanciare un attacco alla Spagna. Questa cittadella venne riconquistata da Belisario l'anno seguente, ma la Spagna non fu invasa. Ceuta che, per un breve periodo, venne ripresa dai visigoti nel

, era completamente agli antipodi rispetto a quella forse eccessivamente prudente di Belisario, evitando di perdere tempo nell'assedio dei centri fortificati di importanza secondaria e cercando piuttosto la conclusione rapida del conflitto mediante l'annientamento dell'esercito nemico in grandi scontri in campo aperto.

Ivi giunsero cinque spie gote inviate da Totila che si fecero passare per latori di una lettera, ovviamente falsa, di Bono (il comandante del presidio bizantino di Genova) da consegnare a Belisario e nel frattempo ne approfittarono per esaminare l'effettiva consistenza dell'esercito bizantino; una volta congedati dal generale bizantino, che non si era accorto dell'inganno e li aveva incaricati di riferire a Bono che i soccorsi sarebbero arrivati presto, i sedicenti messaggeri tornarono presso Totila informandolo dell'esiguo numero delle truppe sotto il comando di Belisario.

Belisario cadde in disgrazia: colpevole di aver partecipato alla congiura aristocratica napoletana contro gli spagnoli, gli vennero confiscati i feudi e il castello. Solo alla fine del secolo i Petraroli riuscirono a riconquistare i loro feudi; nel

Belisario si mise immediatamente all'opera e i lavori erano a buon punto, quando i Persiani lo avvertirono che se non avesse interrotto immediatamente l'opera di fortificazione lo avrebbero attaccato in modo da impedire questa fortificazione.

Di fronte al rifiuto di Belisario di interrompere i lavori di fortificazione, i Persiani decisero di interromperli attaccando l'esercito di Belisario in modo da scacciare gli operai e riuscendo a sconfiggerlo.

Nel frattempo, destituito Belisario, il comando delle truppe da impiegare contro la Persia fu affidato al generale Sitta; egli dovette subito fronteggiare l'invasione persiana della Mesopotamia sotto i comandanti Aspebedo e Mermeroe.

Un coro di Veterani compiange Belisario, e Alamiro entra dicendo che Eutropio ha eseguito l'ordine di Giustiano e che ha accecato il condottiero. Irene entra, e decide di seguire il padre ovunque vada (

Nel tentativo di ridurre il costo della spedizione contro i Vandali, Giovanni non fece cuocere bene il pane destinato ai soldati, per risparmiare; di conseguenza molti soldati si sentirono male a causa del pane mangiato e il generalissimo Belisario fu costretto a buttare il pane e a requisirne altro durante il tragitto.

Belisario era in disaccordo con Giustiniano sul che fare dei territori riconquistati: Giustiniano avrebbe voluto lasciare che gli Ostrogoti governassero uno Stato a nord del Po, mentre Belisario avrebbe preferito fare dell'intera Italia un territorio imperiale.

Non venne loro nemmeno l'idea, una volta valicato il ponte, di prendere alle spalle coloro che, sull'opposto lido, combattevano contro Belisario: e, secondo Procopio, se avessero avuto quest'idea, avrebbero mandato in fuga gli Ostrogoti.

. Costoro, discesi nella pianura padana al comando di Teodeberto presero parte alle stragi e alla distruzione di Milano cui abbiamo fatto accenno. Narsete veniva intanto richiamato in patria, mentre Belisario riusciva ad espugnare

L'assenza di Belisario dall'Italia e i dissensi fra i vari generali bizantini permisero ai Goti di riorganizzare le loro forze in Italia settentrionale, sulla scia del successo avuto a Milano. D'altra parte




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Ultimo aggiornamento pagina:

12 Gennaio 2022

02:39:34